Come la NBA utilizza modelli predittivi e machine learning per ottimizzare gli investimenti

Oggi il binomio business-dati è fortissimo e quando parliamo di business non possiamo non considerare il mondo degli sport professionistici (soprattutto americani)

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Oggi vi parlerò di come l’introduzione di modelli predittivi aiuti le franchigie (squadre) NBA nel prendere decisioni cruciali sul proprio futuro.

Verrebbe scontato pensare all’uso dei dati in chiave tecnico-tattica, ed invece la NBA ne estende il suo potenziale puntando dritto alla notte del Draft, dove una scelta giusta o sbagliata può cambiare in meglio o in peggio le sorti di una franchigia.

La notte del Draft

Il Draft NBA è un evento che si tiene ogni anno prima dell’inizio della stagione regolare nel quale le franchigie hanno la possibilità di “chiamare” alla propria corte i migliori gioatori che il basket mondiale ha da offrire.

Le chiamate partono dalla tanto sperata ‘prima scelta’ fino alla 60ima, suddivise in due turni da 30. L’ordine di scelta viene sancito da un sorteggio che favorisce in termini di posizione, secondo un meccanismo molto preciso, le franchigie rimaste fuori dai playoff l’anno precedente.

Cosa significa quindi ritrovarsi con una delle prime scelte del Draft? Significa mettere sotto contratto giocatori come Ben Simmons, Kristaps Porziņģis, Joel Embiid per parlare dei più recenti, fino ad arrivare a LeBron James, Allen Iverson, Tim Duncan e Michael Jordan per citarne altri che hanno già fatto la storia.

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Contrariamente, sbagliare la scelta in alcuni casi può significare prendere delle “fregature: i General Manager delle franchigie NBA trovano nei dati un loro alleato. Non è segreto infatti che ogni franchigia adotti un proprio modello predittivo al fine di ridurre al minimo la percentuale di fallimento durante la notte del draft.

Machine Learning per l’elaborazione statistica delle prestazioni dei giocatori

Parallelamente si è sviluppato un filone autonomo, guidato in particolar modo da ESPN, che ha elaborato un modello di ranking (basato su tecniche di machine learning come random forest) applicabile al singolo prospetto.

Il giocatore viene valutato sulla base della proiezione del proprio statical plus minus (SPM) dei primi 5 anni, escludendo l’anno da rookie (il primo) in quanto non completamente affidabile ai fini statistici. Inoltre il modello cerca di prevederne anche la tipologia, individuandone tre:

  • All-star (fascia grigia del grafico): se ottiene un valore di SPM maggiore di 2.2
  • Starter (fascia rossa del grafico): se ottiene un valore di SPM tra -0.3 and 2.2
  • Role player (fascia nera del grafico): se ottiene un valore di SPM tra -1.4 and -0.4
Risultati predetti per il Draft della passata stagione (2017)

Data Driven e cuore: Ball Don’t Lie!

Sicuramente un’altra risorsa molto interessante è tothemean.com , una sorta di aggregatore-comparatore di modelli predittivi sempre sull’argomento Draft NBA. Gli autori si sono concentrati su alcuni dei modelli predittivi esistenti paragonandoli fra di loro e producendo risultati notevoli.

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Il mondo degli sport professionistici americani, come la NBA, ben si adattano ad attività come queste, dove il dato può aiutare il management sportivo in scelte cruciali cercando di limitare al minimo i rischi (mai più un Jordan alla numero tre!!).

Senza illuderci (per fortuna) bisogna però ricordare, come dichiarano anche gli autori dei modelli, che rimane sempre una componente umana, non prevedibile, ad influenzare il risultato finale come ad esempio chiudersi in palestra e darci dentro. Perché come ci ricorda il buon Rasheed WallaceBALL DON’T LIE”.

Per approfondire:

Approfondimenti sulle metodologie utilizzate dal modello (ESPN)

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